scala architettonica/scala urbana
La SCALA ARCHITETTONICA è il rapporto proporzionale tra l’oggetto intero e il suo più vasto contesto ambientale da una parte e tra l‘oggetto e le sue parti dall’altra. Essendo un rapporto fra dimensioni a differenza della (vedi→) SCALA UMANA è svincolato da misure fisse e può quindi variare liberamente.
Esaminiamo più da vicino il rapporto che intercorre tra l’oggetto architettonico intero e le sue parti. Per “oggetto architettonico” intendiamo una entità fisica unitariamente progettata ( o semplicemente letta come tale, anche se spontanea mente formatasi) e distinguibile dall’ambiente che la circonda che risponde ad alcune caratteristiche che vedremo. La proporzione tra le parti e l’intero rimanda aI concetto di (vedi→) ORGANISMO. Questo può essere un edificio o una sua parte, oppure all’estremo opposto un agglomerato urbano o altra unità territoriale o paesaggistica.
Per “parte” intendiamo un suo sottomultiplo individuabile e significante all’interno della percezione complessiva dell’insieme. Sottomultiplo che può essere identificato dalla sua natura geometrica (un volume entro un assieme di volumi che formano l’insieme), o un suo sottomodulo dimensionale che si ripete entro un sistema di scansione ritmica (edifici su una strada o, all’interno di essi telaio strutturale o scansione di elementi ripetuti), oppure determinato da sistemi funzionali (piani o finestre), o decorativi, e così via. Naturalmente le due definizioni (oggetto architettonico e sua parte) sono definizioni di comodo attribuite arbitrariamente ai fini dell’analisi e quindi variabili da osservatore a osservatore e nel tempo.
Tutto questo avviene quando ci troviamo in una dimensione nella quale scala umana e dimensione architettonica sono contigue e relazionabili. Quando però quest’ultima supera il limite di commensurabilità con quella. i rapporti che intercorrono tra l’oggetto architettonico e le sue parti sono assai più complessi. Inoltre nel momento in cui abitiamo l’architettura e la percorriamo essa si rivela variabile, multiforme, quindi più sfuggente. La percezione delle proporzioni in un grande spazio è influenzata da come ci spostiamo, con quale velocità, in quale direzione.
Al di sopra di una certa dimensione quel rapporto tra intero e parti interferisce con quei fenomeni che abbiamo incontrato parlando della (vedi→) SCALA UMANA. Grandi architetture sono articolate al loro interno con maggiore complessità, costringendo il progettista (e di conseguenza anche il fruitore di esse) a suddividere l’intero sistema in sottosistemi. Si allenta la pregnanza del ”gesto architettonico generale” quello che garantisce la percezione dell’unità, a favore di una serie di gesti relativi ai sottosistemi ognuno dei quali è pensato in una sua scala e relativamente autonomo dalle altre: Spesso la progettazione di questi è affidata a architetti-tecnici, che a fatica cercano di interpretare il “gesto” unificante dell’intero sistema. Nella grande dimensione questo assemblaggio di scale porta alla indifferenza e alla non caratterizzazione dello spazio.
Kooolhaas ha discusso il fenomeno in “Bigness or the problem of Large” (si trova in S,M,L,XL): “Quando attraverso un grande atrio, entro in un ascensore , esco in uno spazio al centro dell’edificio, percorro vari ambienti per raggiungere una parete esterna, verosimilmente progettati da diversi autori, o diversi teams, “questioni come composizione, scala, proporzione, dettaglio sono messi in discussione. L’Architettura come “arte” perde senso nella grande dimensione”. Per questa scissione, estranea all’esigenza umanistica di “onestà” l’involucro degli edifici viene progettato come oggetto autonomo, in relazione solo con lo skyline urbano.