1983 – Villa a Capoterra – Cagliari
L’abitazione si fa spazio in un insieme un po’ caotico di frammenti dell’iconografia urbana –un muro, un finestrone termale, una torre e un’arce in miniatura- come si vede nelle rappresentazioni medioevali della Città offerta al padreterno dal Santo protettore.
Alcune parti tentano di aggregarsi in insiemi geometrici chiari e definiti, ma la casualità del terreno, sghembo e in forte pendenza, e l’eterogeneità degli elementi nega sul nascere ogni semplificazione dell’immagine complessiva.
“Qui convergono tre poetiche apparentemente inconciliabili…: la poetica del frammento, o addirittura della rovina, la poetica palladiana dell’equilibrio e quella venturiana del “difficile insieme”, del raggiungimento cioè di una unità contrastata e complessa, come risultato di operazioni che implicano una durata, un tempo interno all’opera stessa.
Milani interpreta nella sua villa il dato naturale, un paesaggio levitante, in cui tutto attira verso l’alto, e disegna una forma aperta, una serie di piattaforme collegate da scale: Il guardare dall’alto e verso l’alto diventa il messaggio, il contenuto simbolico della casa,che, in questo cedere all’imperio della natura, tiene per sé tuttavia una orgogliosa qualità artificiale, e quindi umana: la chiarezza mentale, la precisione geometrica che si oppone alla infinita complessità del contesto ambientale.”
(P. Portoghesi in “Epoca” n. 1749- 13/4/1984, pag.84)