L’opera rivoluzionaria di Louis Kahn
Estratto da una lezione tenuta alla Facoltà di Architettura di Roma “La Sapienza” nel Corso di Architettura degli interni, prof. Carlo Chiarini. Marzo 1965. (inedito)
…….È bene rilevare subito come Kahn ribalti la posizione dell’accademia storicista. Il suo non è un andare verso la storia per desumere forme ed organizzazioni guidato da assonanze sentimentali o da analogie contenutistiche: la “forma” si organizza autonoma, precedente al “design” che la configura. È nel secondo momento logico, nel “come”, una volta fissato il “che cosa”, che viene stabilito un parallelo tra gli oggetti architettonici che l’analisi stilistica presenta come contemporanei e lo specifico problema di design come per Wright il riferimento a culture figurative lontane, alla giapponese o alla precolombiana, affiora ed è consumato in un ambito di ben precise fasi del proprio intero sviluppo stilistico, l’attenzione di Kahn si concentra su quei momenti nel quali l’oscillazione tra i poli del continuo e del discreto (derivante in prima analisi dal rapporto dimensionale tra unità plastica totale e sotto multipli plastici) si configura. nella emersione di grandi elementi geometrici che sconnettono la continuità fisica dell’insieme.
Così nelle torri dell’Istituto Richards gli elementi verticali della prima stesura, pur denunciando i rapporti plastici del progetto finale, non hanno ancora alcun riferimento “medioevale” che un critico americano vi ritroverà riguardando ai disegni del soggiorno toscano dell’autore.
Altrove la relazione è stabilita con le planimetrie delle città, tardoclassiche, all’architettura di quel periodo in cui i termini intermedi dell’ordine proporzionale, logorati dall’uso, sono scomparsi; gli intervalli dimensionali tra. gli elementi ampliati, e questi sono contrapposti in un rapporto che esalta in ognuno la rispettiva individualità volumetrica mediante geometrie essenziali.
E se è possibile ritrovare un riferimento prossimo, questo è sempre al di là del razionalismo, negli ultimi tentativi di stabilire un nesso tridimensionale sintetico, in Behrens, nel Wright degli inizi del secolo. Ma mentre nei Larkin questa ricerca insiste ancora nella fiducia. di poter riconnettere alla maniera degli antichi qualità volumetriche delle membrature e struttura. in una fluida continuità., esistendo di fatto ancora continuità di ricerche con. l’organismo classico, per Kahn questa. possibilità, dopo la scomposizione razionalista, non è più data: anzi l’organismo nasce proprio dalla discontinuità degli elementi, ognuno dei quali tenta di definirsi in sé stesso, nella propria individualità plastica o per giustapposizione agli altri.
È la diversa angolazione con la quale ognuno dei due riguarda alla propria educazione Beaux Arts, al metodo ottocentesco di scomposizione dell’organismo antico in elementi da ricomporre e mentre nel 1905 la via è ancora possibile, cinquant’anni più tardi non rimangono che i pezzi risultanti dalla operazione scompositiva cubista.
Il significato di questa segmentazione va ricercato innanzi tutto nella nuova accentuazione dei caratteri tridimensionali che gli oggetti architettonici riacquistano. La linearità della trave della tradizione moderna, elemento di collegamento tendenzialmente unidirezionale è constata nel centro medico di Filadelfia dalle aperture esagonali che ne denunciano il forte spessore. Uguale consistenza. volumetrica acquista il solaio nella galleria d’arte di Yale, dove le profonde cavità dei tetraedri denunciano la rottura con quelle. tradizione figurativa che proprio nei piani di solaio aveva affermato la continuità delle due direzioni e la riducibilità della terza a queste.
Negli spogliatoi di Trenton i pilastri e le coperture sono volumi geometrici sovrapposti; la discontinuità che ne deriva ha origine oltre che dalla autonoma. legge geometrica di ognuno dì essi dalla. stessa sconnessione strutturale ottenuta per semplice appoggio di un elemento sull’altro.<br>La struttura è così ridotta, nella sua immediata essenzialità al semplice trilite strutturale: pietre cave sovrapposte. Di qui la predilezione di Kahn per sistemi di prefabbricazione leggera in cemento armato da assemblare per semplice avvicinamento e il rifiuto quasi assoluto dell’acciaio come materiale strutturale, che nella continuità delle linee nasconde la propria origine di assieme montato da piccoli pezzi.
Riacquistata la loro unità plastica nei volume gli elementi strutturali possono per’ la prima volta essere scavati e percorsi nell’interno, assommando in sé le funzioni le più diverse, servire da vani filtro a Trenton o alloggiare le canalizzazioni nei laboratori Salk.
È questo un punto fermo nel percorso di Kahn verso un nuovo ordine: è finalmente caduta la tradizionale distinzione tra. struttura e involucro o diaframma; nulla. distingue più i due elementi che si identificano ora in una logica che non è neppure quella del monumento classico, ma per questa assoluta coincidenza è piuttosto quella del rudere, frammento scarnificato dall’azione del tempo.
Ugualmente, dove il dato naturale costituisce elemento figurativo troppo importante per essere ignorato è stabilito un rapporto architettura – paesaggio nel quale quest’ultimo assolve ala funzione di struttura aggregativa che il costruito conclude e commenta.
È rifiutato il rapporto che Le Corbusier ha derivato dalle acropoli classiche, di una mente che organizza il caotico naturale sebbene il carattere razionale e antirodi tale rapporto, che tronca nettamente con la tradizione americana, risulti evidente, nel complesso Salk, dall’analisi all’interno dei nuclei, che svelano una trama dì concrezioni geometriche complesse ed intersecate, ma regolate da precise leggi stereometriche. È il dato di Natura che si fa, in senso moderno Architettura e non viceversa, ricavandone il tracciato di organizzazione, la struttura geometrica che diviene supporto al costruito.
Vediamo ora più da vicino in che consista il metodo di Kahn nelle successive fasi di scomposizione-ricomposizione. Il punto di partenza è sempre in una geometria tridimensionale elementare: cubi, cilindri, piramidi, che viene modificata con variazioni quantitative tra le parti che interferiscono: tutto può cambiare configurazione nel procedimento rimanendo però fisse le astrazioni geometriche che definiscono le figure di partenza (assi, angoli, diametri).
L’approfondimento della geometria di partenza tende sempre a saggiare, introducendo tracciati geometrici secondari, il limite estremo al quale “la forma tiene”, al quale l’elaborazione non abbia distrutto o modificato troppo il tracciato iniziale.
È stabilito così un processo di auto rivelazione della forma dipendente, ma non univocamente determinato, dai propri attributi qualitativi, nel quale le organizzazioni geometriche più complesse, dipendenti cioè da definizioni fisiche più complete, hanno maggiori capacità di modificazioni di quanto non abbiano strutture più labili.
Il solido di partenza della Casa Goldemberg è un mezzo cubo, riconoscibile nel cavo del patio, che cresce in modo differenziato lungo le diagonali e subordinatamente lungo gli assi ( nella suddivisione dei vani interni), incontrandosi i due sviluppi nel perimetro esterno.
Così il primo schizzo per la First Unitarian Church a Rochester non è nulla più che una intenzione di forma: un grande spazio cilindrico avvolto da un anello di servizi e di aule. Il successivo stadio di elaborazione, nel quale la verifica alle varie esigenze funzionali ha introdotto almeno due diversi tracciati geometrici – il cubo esterno e il vano cilindrico centrale coperto a cupola- contiene in sé tutti gli elementi dai quali è possibile desumere l’ultima configurazione, quella effettivamente costruita: il cilindro spinto dall’esterno è diventato un prisma, l’anello si è conseguentemente spezzato e articolato diversamente sulle quattro facce di quello, la cupola scomposta dagli assi in quattro profonde cavità interne.
La geometria della tradizione razionalista, rettangoli e parallelepipedi ridotti dalle ricerche di un cubismo arcaico è così notevolmente ampliata, includendo (ma si tratta come è ovvio di un parallelismo più che di una derivazione) tutti i valori qualitativi che la seconda fase cubista o le ricerche astrattiste di Kandinsky o Klee avevano sviluppato. In questo senso più generale l’architettura di Kahn amplia e prosegue le astrazioni razionaliste là dove erano state bruscamente interrotte. Dove quelle tendevano ad un equilibrio quantitativo nel quale le assialità erano qualificazioni a posteriori derivanti dalla equivalenza ponderate di masse omogenee (donde l’uso ristretto per lo più a famiglie di rettangoli, figure definite da un rapporto di. misura nella costanza della perpendicolare, e di qui tutte le ricerche sulla proporzione astratta, matematica) Kahn e la. nuova architettura introducono, come Klee nella pittura, la possibilità di commensurare geometria diverse o entità geometriche (solidi, figure piane, linee) non omogenee tra loro.
Dove l’astrazione dei piani o la riduzione di ogni volume a parallelepipedo permettevano l’incastro o la compenetrazione, guidati da giudizi quantitativi, ora le leggi di formazione dei solidi non ammettono interferenze reciproche, dal che ritorniamo, nella coerenza del metodo, al principio di discontinuità fisica sopra detto.
Dove il Razionalismo ricercava leggi di aggregazione parziali, rotazione e traslazione di piani, ritmi variazionali, essendo garantita la relazionabilità tra i vari trattamenti dalla costanza degli elementi generatori, Kahn vuole leggi che investano tutto l’assieme: centralità, assialità, simmetrie. Dove è necessario notare che gli allineamenti assiali non costituiscono né linee sulle quali si ricompone l’equilibrio variato dei razionalisti né tanto meno luoghi di gravitazione statica di masse simmetriche dell’architettura classica, ma derivano piuttosto dallo sviluppo continuo delle diverse organizzazioni assiali secondarie…….